Acciughe nel Mediterraneo: la minaccia del cambiamento climatico

di Federica Azzali

Gli oggettivi cambiamenti climatici continuano a produrre nuovi effetti negativi e molto preoccupanti. Il nuovo caso che emerge nel Mediterraneo è quello delle acciughe, sempre più piccole, che sono costrette a spostarsi verso il largo in cerca di acque più fresche perché la riduzione progressiva delle correnti marine taglia il loro nutrimento.

Questi mutamenti causano gravi danni non solo per questi pesci ma anche per i tonni, le sardine e per gli ecosistemi marini in generale. È uno degli effetti dell’innalzamento delle temperature che minaccia il motore biologico del Mediterraneo, portando a una diminuzione dell’“upwelling”, ovvero dell’emersione delle acque di profondità più ricche di nutrienti.

Si tratta di un processo fondamentale sul piano naturalistico: correnti che portano in superficie acque profonde, fredde e ricche di sostanze nutritive. Un vero fertilizzante naturale che alimenta il fitoplancton, base di ogni catena alimentare marina.

Da recenti studi è emerso che entro il 2050 si rischia una riduzione del 20% dei fenomeni di upwelling. La stratificazione delle acque, dovuta alle temperature più elevate, riduce infatti l’efficienza della risalita delle correnti profonde. A livello globale le zone di upwelling coprono solo l’1% degli oceani ma forniscono fino al 50% del pescato mondiale.

Nel Mediterraneo, seppur in maniera meno intensa, il fenomeno si concentra in aree specifiche che costituiscono veri e propri hotspot di produttività marina: tra questi, lo Stretto di Messina, Carloforte in Sardegna, la costa adriatica orientale e il Canale di Sicilia. Quando queste correnti diminuiscono, si verificano migrazioni forzate come quelle delle alici, ma anche un aumento delle specie provenienti da acque più calde e una drastica diminuzione di quelle autoctone.

Quali sono le ricadute di tutto ciò sull’ecosistema? 

L’upwelling è un processo naturale che sostiene la crescita del fitoplancton e, di conseguenza, l’intera rete alimentare marina. Le aree soggette a questo fenomeno sono tra le più produttive per la pesca nel Mediterraneo e nel mondo. Tuttavia, il suo indebolimento, favorito dal riscaldamento del mare, può compromettere gravemente gli equilibri dell’ecosistema marino.

Per i pesci, le conseguenze sono evidenti: la scarsità di nutrienti colpisce specie come le acciughe e altri piccoli pesci planctonivori, limitandone la sopravvivenza e la crescita. Di conseguenza, la struttura delle popolazioni si modifica, con acciughe adulte più piccole e meno numerose.

La pressione della pesca, che spesso mira sistematicamente a questi individui, aggrava ulteriormente la situazione, portando a uno spostamento verso taglie inferiori, un classico effetto dell’overfishing.

Ecco perchè noi abbiamo delegato definitivamente la produzione alla sola “pesca sostenibile”. 

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